Le proteste scatenate dopo la morte della ragazza curda Mahsa Amini, in Iran, deceduta dopo l’arresto della polizia speciale, per aver lasciato fuori dal velo una ciocca di capelli e avvenuta a metà settembre, hanno coinvolto migliaia di iraniani: non solo donne che in piazza bruciano i loro hijab, ma anche uomini che partecipano alle manifestazioni inneggiando alla libertà.
Testimonianze e media riportano violente azioni delle forze armate della Repubblica islamica che, per mettere fine ai cortei, non esitano ad usare le armi, arrestando, ferendo e uccidendo migliaia di persone. Tra le persone portate in prigione, il 25 settembre il giovane Mohsen Shekari venne accusato di aver ferito con un coltello un agente, creando panico e terrore anche tra i civili.
Il 10 novembre si è svolto il processo in tribunale e, secondo la magistratura, l’iraniano di 23 anni avrebbe ammesso l’accusa e, essendo stato ritenuto colpevole di reato di “Guerra contro Dio”, è stato condannato a morte.
Ieri, Mohsen Shekari è stato impiccato e Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia, ha dichiarato che al momento almeno altri trenta iraniani rischiano la stessa pena capitale.
09/12/2022
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