“Mi vedo costretto a proporre una pena così elevata. È il dispositivo normativo che mi impedisce di fare diversamente. Posso riconoscere solo le attenuanti della seminfermità mentale, ma invito la Corte d'Assise a sollevare una questione di legittimità costituzionale sulla norma che impedisce di concedere la prevalenza delle numerose attenuanti”. Con queste parole il Pubblico Ministero Alessandro Aghemo, emoziona la corte, che deve giudicare Alex Pompa, reo confesso di un triste epilogo di violenza domestica.
Da un lato c'è la vittima, Giuseppe, che per anni ha costretto la sua famiglia a una vita d'inferno e di vessazioni. Dall'altro c'è un figlio che quella violenza l'ha vissuta sin da piccolo e che una sera, al culmine dell'ennesima lite, vedendo per l'ennesima volta il padre scagliarsi contro la madre, minacciarla, strattonarla, urlare ubriaco che avrebbe ucciso tutti, dopo aver afferrato dei coltelli. Così in un gesto d'impeto il giovane ha ucciso il genitore violento e recidivo.
Punto centrale è la legittima difesa. Alex, così dice il pm, facendo riferimento ai periti,avrebbe “interpretato una minaccia non sussistente. Avrebbe sopravvalutato il pericolo reagendo in maniera spropositata e abnorme”. La Procura parla di “distorsione interpretativa” La “sensazione di pericolo che il padre quella sera potesse passare all’azione”, ovvero uccidere i suoi famigliari come tante volte aveva minacciato, “è stata percepita da Alex. Ma non era concreta”.
10/11/2021
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