Si sente dire sempre più spesso che l’Italia non è un Paese per i giovani e questo è forse vero visto la scarsa considerazione che la classe politica ha per chi appartiene alla fascia d’età giovanile
L’ osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo ha evidenziato che nel 2008 il tasso dei “Neet” giovani che non studiano né lavorano tra i 25 e i 34 anni era del 23%, mentre nel 2019 è salito al 28,9% (media europea: 17,4 % nel 2008, 17,3% nel 2019). Nel 2020 in Italia erano il 30,7% Italia, rispetto al 18,4% della media europea
Inoltre i dati Istat rilevano che gli over 65 oggi sono il 23%, quasi un quarto della popolazione e sono destinati ad aumentare (diventeranno il 33% nel 2040).
Nascono sempre meno figli, a causa anche delle incertezze economiche che investono il mondo giovanile con l’aumento dela precarietà, e sono circa 350 mila i giovani andati all’estero negli ultimi 10 anni, soprattutto laureati e soggetti qualificati che se ne vanno per migliorare la loro preparazione e acquisire nuovi titoli.
Il dato più sconfortante è che questi giovani più delle volte non rientrano apportando un danno enorme per la nostra società e una responsabilità gravissima per chi non è stato in grado di trattenerli. Infatti anche se il fenomeno dell’emigrazione giovanile non è solo italiano e potrebbe essere anche una cosa positiva che arricchisce il patrimonio culturale ed esperienziale delle nuove generazione, l’Italia non può permettere la cosiddetta “fuga dei cervelli" dopo che spesso ha investito tante risorse per la loro formazione e sarebbe quindi importante creare delle opportunità per loro nel nostro Paese, così da riattrarli dopo un’eventuale esperienza all’estero.
19/01/2022
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