La SuperLega ha avuto una vita davvero breve: ufficializzata allo scoccare della mezzanotte del 19 aprile è tramontata definitivamente solo due giorni dopo. Il progetto, ideato dai più importanti presidenti del calcio continentale, si è presentato come una competizione privata, ossia fuori dal controllo di FIFA, UEFA e delle leghe nazionali, che doveva riunire le migliori squadre europee in un campionato d’elite e che rappresentasse un’alternativa alla Champions League.
Il campionato si sarebbe composto di 20 squadre, 15 delle quali partecipanti di diritto essendo i club fondatori e le altre 5 determinate ogni stagione da un meccanismo di qualificazione. I 20 club sarebbero stati poi divisi in due gironi da 10 squadre che nella prima fase si sarebbero affrontate in un girone di andata e uno di ritorno, al termine dei quali le prime tre di entrambi i gruppi sarebbero andate alla fase ad eliminazione diretta, quarte e quinte classificate ai playoff e gli otto teame rimasti fuori si sarebbero sfidati in quarti di finale sempre con andata e ritorno. La finale, come in ogni campionato che si rispetti, si sarebbe svolta ogni anno in una sede diversa.
Tuttavia la proposta della SuperLega è stata oggetto di una grande disapprovazione non solo da parte del mondo calcistico ma anche dai vari vertici di governo che hanno visto in questa competizione una negazione dei principi fondatori del calcio, come la meritocrazia, e una trasformazione dello sport in una vetrina per campioni che si allontanava completamente dall’idea con cui il calcio è nato: essere un gioco che coinvolga tutti senza alcuna distinzione.
I rappresentanti dei club coinvolti si sono difesi giustificando la loro azione come un tentativo necessario per rimediare ai danni economici arrecati dalla pandemia ma ciò, pur avendo un fondamento di verità, non è bastato a far sopravvivere un progetto ideato solo da pochi e lontano da tutti i principi ed i valori che ispirano uno dei sport più amati da sempre.
26/04/2021
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